“Cecco, una vita bella: il coraggio dell’amore e la forza del ricordo”

Raccontare la propria esperienza è un gesto di grande forza e generosità: permette di dare voce a emozioni profonde, di condividere il peso del dolore ma anche la bellezza dei legami che restano forti, nonostante tutto. Anna Giacobazzi ha voluto ricordare suo marito Francesco — per tutti, Cecco — con parole che custodiscono la dignità, il coraggio e l’amore che hanno accompagnato il loro percorso con la SLA. La sua testimonianza ci ricorda quanto sia importante restare uniti, farsi forza insieme e non lasciare che una diagnosi spenga l’umanità di chi la vive.

Il 5 marzo scorso mio marito Francesco, da sempre detto Cecco, ci ha lasciati. Gli era stata diagnosticata la SLA circa un anno fa presso l’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, dopo un lungo periodo con molti sintomi diversi dei quali non si riusciva a comprendere l’origine. A seguito della diagnosi è stato ricoverato un mese e mezzo agli ICS Maugeri per avviare la fisioterapia e la respirazione con la Niv e l’ossigeno. È stato un anno faticoso anche perché mio marito non era consapevole della sua malattia e sperava di guarire. Io, i miei figli e i nostri amici abbiamo cercato di fare “squadra” per stargli vicino ed aiutarlo a sopportare tutte le difficoltà che man mano si presentavano. Anche Aisla – Sezione di Milano ci è stata di supporto grazie agli incontri mensili e l’ASL di Sesto San Giovanni ci ha fornito tutti gli ausili necessari Penso che anche una malattia così grave non debba permettere ad una persona di perdere la sua dignità e per mio marito è stato così. Ci fa piacere condividere alcune brevi testimonianze e messaggi raccolti tra familiari e amici in questo periodo e anche una canzone che i miei figli hanno scritto e cantato per il loro papà.
Le parole che parenti e amici hanno voluto dedicare a Francesco sono un segno tangibile dell’affetto, della stima e dei ricordi condivisi con lui. Ogni messaggio racchiude un frammento della sua presenza nella vita di chi lo ha conosciuto: un sorriso, un gesto, un momento vissuto insieme. È attraverso queste voci che il ricordo di Francesco continua a vivere, illuminando il vuoto con la luce dell’amore e della memoria.
“Anche durante questo anno in cui eri malato non ti dimenticavi mai di mandare un messaggio agli amici che ti ricambiavano con affetto venendo a trovarti appena potevano.
Era naturale che nel giorno del tuo funerale la chiesa fosse strapiena , tanti amici che sono venuti a salutarti perché, come ha detto don Emilio nell’omelia tu non hai vissuto ” la bella vita” ma una vita bella.”
Luca e Daniela
“Ho avuto un papà come altri, buono, che giocava con me quando ero bambino e mi sgridava se mi comportavo male. Ho avuto un papà come altri che si preoccupava per me se non stavo bene e mi aiutava nel momento del bisogno, anche quando sono diventato adulto, era lì al mio fianco. Ma ho scoperto di avere un papà speciale in questo ultimo anno in cui ha dovuto affrontare questa terribile malattia. Nonostante pesasse 58 kg, nonostante facesse fatica a camminare e avesse bisogno di noi per slacciarsi le scarpe; nonostante la vergogna perché aveva bisogno di aiuto per tirarsi su i pantaloni dopo essere stato in bagno o avesse bisogno dell’aiuto di me o dei miei fratelli per fare la doccia, non si è mai lamentato. Alla solita domanda “come stai?” La risposta era sempre “benino” o “resistiamo”. Sempre con il sorriso. Mi sono accorto di avere un papà speciale con una forza incredibile. Quando ho dato la notizia ai miei figli che il nonno era volato in cielo gli ho spiegato che chi ci lascia per andare in cielo è perché ci ha insegnato tutto quello che poteva. Come un maestro o un insegnante che ti insegna tutto quello che può per la scuola successiva. Per essere un alunno migliore. Per essere una persona migliore”
Gabriele

“Caro Cecco,
mi ricordo quando è stato eletto papa Francesco e tu , da quel momento hai voluto che ti chiamassimo Francesco e non più Cecco. Amavi molto il papa e adesso sei in cielo con lui.”
Andrea e Mariapia
“Anche quando il respirare è il camminare sono venute progressivamente meno, tu non ti sei lasciato andare, dicevi sempre «Resistere» e non ti scoraggiavi”.
Paola, Aldo e Monica
“È stato davvero un saluto pieno di luce, ed è vero quello che diceva il prete riportando parole di chi lo aveva anche solo incrociato, Cecco aveva questa capacità di fare breccia e rimanere. Non che sia una consolazione per voi che più ne sentirete la mancanza, ma davvero la comunità che ha radunato oggi mi è sembrato qualcosa di grande, un segno di speranza in tempi in cui ce ne è poca”
Eleonora
“Venerdì non sono riuscita ad avvicinarmi per darvi le condoglianze di persona, ma avevo la lacrima troppo abbondante. Ho lasciato passare qualche giorno per fare depositare tutte quelle emozioni. Volevo ringraziare tutta la vostra splendida famiglia per il bellissimo, molto commovente, saluto al vostro papà. C’era un calore immenso e si percepiva quanto bene avesse seminato in così tante persone.”
Simona
“Anche nella sofferenza della malattia, il tuo pensiero era sempre prima per gli altri. Quante volte ci hai chiesto se avevamo trovato il parcheggio, come stavamo durante una banale influenza, quante volte ci hai chiesto dei nostri figli, ti ricordavi non solo i compleanni ma anche gli anniversari e gli onomastici. Mancherai paparone”
Paolo

“Questa sla è come un virus
Che ti entra nelle vene e ti fa male
Non la riesci a supportare, ti fa male.
Ma te l’hai superata, sei un grande
e Dio ti ha preso sotto la sua ala.
Adesso stai bene e ti vedo camminare.”
(estratto di una canzone scritta dai nipoti di Cecco)
Canzone “Piedi Stanchi” scritta dai figli Elisa, Gabriele e Paolo per il papà Cecco nel dicembre 2024