Mais e Naza: la danza, la musica e il coraggio di vivere ogni giorno

Nazaket Nourieva e Mais Nouriev condividono una vita fatta di musica, danza e amore: un’esistenza vissuta nell’arte, che oggi si trasforma in una testimonianza di forza, fragilità e speranza.

“Quando impariamo a camminare, a usare le mani, a muoverci… non ci rendiamo conto del valore di tutto questo, finché non viene a mancare.”

Così Mais racconta, con la voce pacata ma piena di verità, il significato che oggi attribuisce al movimento. Una consapevolezza che arriva da lontano, da una vita intera dedicata alla danza.

Mais Nouriev è stato danzatore e coreografo professionista, formatosi in Azerbaijan e poi a Mosca, vicino al Teatro Bolshoi. Ha viaggiato in tutto il mondo con compagnie, partecipato a concorsi, creato coreografie per danzatori del Teatro San Carlo di Napoli, collaborato con artisti, scuole e centri di formazione tra Salerno, Milano e Porto San Giorgio.

La sua passione per l’arte si è espressa anche attraverso la scrittura poetica: tre libri pubblicati in Italia, presentati a Palazzo Marino a Milano, accompagnati da eventi multiculturali.

Accanto a lui, da sempre, c’è Naza. Compagna di vita e d’arte, musicista e insegnante di pianoforte, Naza non ha mai cercato il palcoscenico, ma ha formato generazioni di allievi, sostenendoli nei loro percorsi musicali, anche oltre il Conservatorio.

“Il mio rifugio è il pianoforte – dice – non ho bisogno di uno psicologo: quando suono, trovo equilibrio. La mia musica mi aiuta a restare in piedi.”

La loro è una storia di affinità profonda, fatta di arte condivisa e amore. “Ci conoscevamo da ragazzi – racconta Naza – poi la vita ci ha fatto ritrovare e non ci siamo più lasciati. Abbiamo costruito una famiglia, oggi siamo anche nonni.”

Poi, nel 2022, è arrivata la SLA e “tutto è cambiato” – dice Naza.

Mais ricorda con precisione il momento in cui tutto ha capito che qualcosa non andava bene: “Eravamo in vacanza, mi invitarono a esibirmi. Appena salito sul palco, sono caduto. Non riuscivo più a rialzarmi. Nonostante tutto ho vinto quella gara, grazie all’esperienza. Ma da lì è iniziato il percorso della malattia.” La diagnosi è arrivata dopo mesi di incertezza. “Solo al San Raffaele ci hanno dato un nome: SLA. Non ne sapevamo nulla. Poi abbiamo cominciato a informarci. La malattia non si ferma: ogni settimana noto nuovi cambiamenti. A volte mi illudo che possa migliorare. Ma continuo a leggere, scrivere, informarmi. Continuo a sognare una cura. E sono pronto a provarla, ovunque si trovi.”

In questo nuovo cammino, Mais e Naza hanno incontrato AISLA. “Abbiamo trovato persone disponibili, gentili. Non ci siamo sentiti soli. Abbiamo conosciuto altre famiglie, è nata una nuova comunità.” Per Naza, il supporto è stato fondamentale: “Ogni volta che chiamiamo, c’è qualcuno che ascolta. È importante sapere che ci sia sempre una porta aperta.”  Anche il progetto di AISLA dedicato al supporto psicologico ha fatto la differenza. “Ci hanno aiutato tanto – dice Naza – questa per noi è una conquista.”

Nonostante la malattia, Mais continua a coltivare la bellezza: “Anche nella mente, continuo a creare. La mia storia mi dà forza. Non sono la malattia.”

E Naza aggiunge: “La vita è dura. Serve forza ogni giorno. Ma quando hai qualcosa che ti riempie dentro, come l’arte, riesci a resistere. E a dare ancora bellezza.”

La loro è una testimonianza che intreccia fragilità e determinazione, poesia e concretezza. Un racconto che ci ricorda quanto sia prezioso sentirsi parte di una comunità.

“Chi vive queste malattie ha bisogno di sapere che non è solo. E noi, grazie ad AISLA, non lo siamo.”

Mais e Naza ci consegnano una lezione che non si dimentica: la malattia può fermare i movimenti, ma non l’arte, l’amore, né il desiderio di restare presenti al mondo. In un tempo che toglie, loro continuano a donare. E noi, con loro, impariamo a non sprecare neppure un giorno.  

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