Lo sport come riabilitazione ed inclusione sociale


l’esperienza della volontaria Gioia Marcassa

«L’attività sportiva ha uno scopo riabilitativo, aiutando le persone malate a migliorare le proprie capacità sia dal punto di vista fisico sia da quello socio-relazionale. L’importante è riuscire a trovare, in un determinato momento, la motivazione per svolgere l’attività più adatta per trarne piacere, stare in compagnia e valorizzare i movimenti residui del corpo».
Questo il pensiero di Gioia Marcassa, 34 anni, consigliera della sezione Aisla Venezia di cui è stata prima segretaria e successivamente presidente, dal 2013 fino allo scorso mese di aprile. Gioia, oltre all’attività di volontariato in Aisla, svolge la professione di terapista occupazionale presso la Fondazione IRCSS Ospedale San Camillo di Venezia Lido: «In questo ambito cerchiamo di portare i degenti al massimo grado di autonomia possibile,  a seconda delle possibilità e delle capacità residue di ognuno – spiega Gioia Marcassa – Tra le varie attività riabilitative proposte ci sono quelle sportive, diverse a seconda della patologia da cui i pazienti sono colpiti, della loro motivazione e degli obiettivi che ci si propone».
Nel 2014 al “San Camillo” si è partiti con la vela. Grazie ad una collaborazione con la Lega Navale di Venezia sono possibili uscite in laguna su imbarcazioni a due posti, adatte a persone con disabilità accompagnate da un terapista e seguite da un esperto velista a bordo di un gommone di supporto.

La volontaria Aisla e consigliera della sezione Venezia, Gioia Marcassa, sulla barca a vela


 

Una partita di ping pong alla Fondazione IRCSS Ospedale San Camillo di Venezia Lido


In collaborazione con il Comitato Italiano Paralimpico (CIP), che fornisce gli istruttori ed il materiale, negli anni si sono aggiunti anche il tennis in carrozzina, le bocce, il tiro con l’arco, il tennistavolo, la boccia (una sorta di gioco delle bocce adatto ai disabili gravi, sport paralimpico riconosciuto a livello internazionale) ed il biliardino: si praticano nell’ampio giardino esterno o in spazi interni al “San Camillo”. Fondamentale la collaborazione della direzione della Fondazione ed il sostegno di alcuni sponsor: «Nel caso delle patologie neurologiche è più difficile proporre attività sportive – osserva Gioia Marcassa – Quando si combatte con le malattie neurodegenerative diventa una vera e propria sfida. Nell’arco dell’anno partecipano comunque a queste attività circa 10-11 malati di SLA. Sulla barca a vela qualcuno aiuta con il timone o funge da navigatore. C’è anche chi non pratica direttamente ma assiste e trova giovamento dal fatto di stare in compagnia. Sempre in collaborazione con la Lega Navale, il Cip e con il coinvolgimento delle associazioni di pazienti del territorio, vorremmo fare in modo che la pratica sportiva, oggi ristretta al periodo di degenza al San Camillo, potesse proseguire a livello amatoriale anche una volta rientrati a domicilio».

Una sfida a bocce


 

Negli spazi della Fondazione IRCSS Ospedale San Camillo di Venezia Lido ci si cimenta anche con il tiro con l’arco


 
Del resto, Gioia Marcassa ricorda che «l’obiettivo finale è l’inclusione, trasmettendo l’idea che nulla sia impossibile o quasi». Lei lo ha sperimentato di persona, coordinando le varie attività sportive e andando ogni settimana sulla barca con i pazienti. Gioia, nei mesi scorsi, è salita anche a bordo del catamarano “Lo Spirito di Stella” dopo un contatto avuto con il promotore del progetto Andrea Stella, disabile in carrozzina la cui imbarcazione ha toccato nel suo tour anche Venezia: «Abbiamo fatto due uscite – conclude Gioia Marcassa – Ho constatato direttamente la bontà del progetto, l’accessibilità della barca e soprattutto la preparazione e l’umanità dell’equipaggio: consiglierei a tutte le sezioni/sedi Aisla che ne avessero  l’occasione di valutare la partecipazione con qualcuno dei nostri  “Guerrieri”. L’esperienza sul catamarano “Lo Spirito di Stella” è adatta davvero a chiunque: il messaggio che passa è quello di un’accessibilità a 360 gradi. Andrea Stella sostiene, ad esempio, che se si può realizzare un bagno accessibile su una barca a vela, si può fare qualsiasi altra cosa ovunque. E poi, la sensazione di libertà che si prova in barca è, secondo me, l’esperienza più bella. E’ la miglior medicina per donare leggerezza anche ad un corpo imprigionato dalla malattia».

Filippo Bezio

 
 
 

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