Adele: "La migliore terapia? Seguire il cuore con coraggio". Damiano: "Felici anche quando si è malati"

Diversi “Guerrieri” impegnati nella dura battaglia quotidiana contro la Sla non hanno voluto mancare all’ultima assemblea dei Soci Aisla, raggiungendo Roma e facendo sentire la loro voce. Hanno portato alcune testimonianze dirette sul significato da loro attribuito alla lotta contro la Sla, al  senso di appartenenza ad Aisla ed al valore della vita stessa nel tempo della malattia.
Le emozionanti parole di Adele Ferrara, presidente della sezione Aisla Napoli, sono state oggetto di un video e riprese anche in un servizio realizzato da ilfattoquotidiano.it, che riportiamo di seguito.
“Ricevere la diagnosi di SLA è devastante”. Adele Ferrara, affetta da Sclerosi laterale amiotrofica, conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, è pure presidente dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (AISLA) di Napoli. E, intervistata da ilfattoquotidiano.it, racconta la sua storia: “Si tratta di una malattia brutale, improvvisa, del tutto imprevedibile che genera tanto buio intorno a te, paura, smarrimento e sconforto. Intanto però la vita continua, nonostante quella che io definisco ‘Stronza lentamente armata’ (che riprende l’acronimo SLA della patologia neurodegenerativa progressiva del motoneurone, ndr). Nel momento più difficile scatta la scelta decisiva: invece di consegnarsi alla malattia e ad un destino ineluttabile, si possono trovare dentro di noi motivi per combattere e tentare un nuovo modo di vivere”. Quest’anno AISLA compie 35 anni – la onlus è nata a Veruno in provincia di Novara – ed è dalla sua fondazione al fianco delle persone con SLA e dei loro familiari. A raccontare a ilfatto.it scopo e storia di questa onlus è Massimo Mauro, presidente nazionale di Aisla: “Trovo eccezionale la forza delle persone che, colpite dalla malattia, scelgono di non mollare ma di darsi da fare anche per gli altri. Sono molti che decidono di sostenere e aiutare gli altri malati. Noi contiamo sul sostegno di oltre 2.200 soci e 290 volontari, tra cui moltissimi con SLA e credo che siano persone grandi e speciali e per loro vorrei esprimere tutta la mia stima e gratitudine”.
Nel 2017 hanno sostenuto questa associazione 20.209 italiani con il 5×1000, “dimostrando fiducia e generosità per dare una spinta sempre maggiore all’assistenza e alla ricerca scientifica” contro una patologia la cui cura ancora non esiste e che colpisce soprattutto gli uomini. Nel 90% dei casi la causa della SLA non è nota e circa un malato su dieci ha ereditato la malattia dai genitori. La diagnosi, spiega l’associazione, si basa sull’osservazione di segni e sintomi presentati dal paziente e su alcuni esami diagnostici eseguiti per escludere altre possibili cause. Di solito il morbo di Lou Gehrig inizia a manifestarsi intorno ai 60 anni e, nei casi ereditati, circa una decina di anni prima. La sopravvivenza media dall’esordio al decesso può variare dai tre ai cinque anni, anche se quasi il 10 per cento sopravvive più di dieci anni, mentre il 5% raggiunge o supera i 20 anni dalla diagnosi. Ogni anno il 21 giugno si celebra la Giornata mondiale contro la Sla per sensibilizzare i cittadini su una patologia che conta 6mila casi solo in Italia.
“Non siamo soli: intorno a noi c’è un esercito di malati che ha bisogno di aiuto, di tutto il nostro impegno e, allora, pensiamo a come uscire dal guscio e dare una mano”, spiega Adele. “La nostra malattia – aggiunge – può abbandonare la zona buia per farsi luce e noi possiamo essere utili ad altri compagni di avventura che non hanno le nostre stesse possibilità di farsi valere. La nostra vita diventa preziosa proprio nella relazione con gli altri malati. Questo – sostiene Adele – è lo spirito di un’associazione come AISLA: persone che aiutano persone. Più dono me stessa e più resisto, e il cuore ha la sua rivincita. Ho deciso di seguire il cuore con coraggio. Non è forse questa la migliore terapia?”.
Solo nell’ultimo anno AISLA ha aiutato gratuitamente oltre 2.600 persone con SLA in tutta Italia con diversi servizi, che vanno dalla consulenza medica, legale e amministrativa a tutta una serie di interventi di assistenza domiciliare portati avanti dai quasi trecento volontari presenti in 19 regioni. “Come organizzazione nata su impulso dei pazienti – ha detto Massimo Mauro, presidente nazionale di Aisla – abbiamo sostenuto la ricerca scientifica su questa patologia attraverso AriSla, la Fondazione di ricerca per la Sla, unico organismo a livello italiano ed europeo a dedicarsi esclusivamente alla ricerca sulla malattia progressiva del motoneurone che ha già sostenuto 68 progetti e 260 ricercatori per un investimento complessivo di 11,4 milioni di euro”. Dal 2008 a oggi AISLA ha inoltre organizzato e curato 145 corsi di formazione sulla SLA per 4.336 tra medici e operatori sanitari. L’associazione ha destinato, solo nel 2017, 1,8 milioni di euro per l’assistenza personale, la ricerca e formazione, per un totale di cinque milioni di euro dall’anno della sua fondazione. “Abbiamo a cuore le persone con SLA – aggiunge il presidente Mauro – e vogliamo lavorare per garantire loro la migliore qualità di vita possibile, con un’assistenza sempre più adeguata e personalizzata, oltre che l’accesso alle sperimentazioni cliniche più promettenti. Per questo stiamo sviluppando il primo registro nazionale sulla SLA in Italia che potrà facilitare la presa in carico di tutti i pazienti e il loro coinvolgimento diretto negli studi clinici”.
A portare un’altra eloquente testimonianza sul significato e sul valore attribuito alla possibilità di offrire un contributo personale in Aisla mentre si è impegnati a combattere la propria malattia è stato Damiano Zampieri, 45 anni, di Padova, affetto da atrofia muscolare spinale e responsabile della sezione Uildm-Aisla di Padova: “Sono entrato in contatto con il mondo del volontariato all’età di 5 anni, quando ho iniziato la mia attività di fisioterapia in Uildm. Dal 2010 rappresento anche Aisla sul territorio padovano. Nel contesto “protetto” dell’Associazione di volontariato si ha l’opportunità di darsi forza e coraggio l’uno con l’altro, anche solo scambiandosi uno sguardo. E, soprattutto, si diventa più consapevoli sulla possibilità di essere comunque felici anche nella propria “nuova” situazione di malato. Ecco perché continuo ad impegnarmi anche oggi, pur con un lavoro impegnativo di responsabile finanziario di un’azienda e dopo essermi creato una mia famiglia”.
Fonti: il fattoquotidiano.it
Ufficio Stampa Aisla Onlus

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