SLA e autoimmunità: uno studio internazionale apre nuove prospettive in ambito patogenetico
Una recente ricerca pubblicata sulla rivista Nature apre nuove prospettive nella comprensione della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), in particolare per quanto riguarda il coinvolgimento del sistema immunitario adattativo nella patogenesi della malattia. La ricerca è stata condotta da un team internazionale coordinato dal La Jolla Institute for Immunology (California) e dal Columbia University Irving Medical Center (New York), con il contributo dell’italiano Alessandro Sette.
Per la prima volta, è stato identificato un antigene specificamente riconosciuto dai linfociti T nei pazienti con SLA: si tratta della proteina C9orf72, già nota per essere il gene maggiormente coinvolto nella forma genetica più comune della malattia.
I ricercatori hanno osservato che un’ampia proporzione di pazienti con SLA presenta una risposta immunitaria diretta contro questa proteina. Tale risposta è particolarmente intensa nei portatori della mutazione espansiva nel gene C9orf72. Le cellule coinvolte sono in prevalenza linfociti T CD4+, che mostrano un profilo eterogeneo: alcune rilasciano citochine infiammatorie come IFNγ, altre invece citochine anti-infiammatorie come IL-10, suggerendo la presenza di un equilibrio dinamico tra attività immunopatogenica e potenziale risposta protettiva. In particolare, è stato riscontrato che una maggiore risposta IL-10-mediata è associata a una prognosi più favorevole, con tempi di sopravvivenza più lunghi, il che porta a ipotizzare un possibile ruolo protettivo di queste cellule regolatorie nella modulazione del danno neuroinfiammatorio.
Lo studio rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione dei meccanismi immunologici coinvolti nella SLA. Nonostante non si tratti ancora di un’applicazione clinica immediata, queste evidenze aprono la strada a possibili strategie terapeutiche mirate che potrebbero includere l’espansione o il potenziamento di cellule T regolatorie antigene-specifiche, o l’impiego di immunoterapie capaci di modulare selettivamente la risposta contro C9orf72.
In conclusione, questo studio rafforza l’idea che l’autoimmunità possa giocare un ruolo non marginale nella progressione della SLA, almeno in una parte dei pazienti. L’identificazione di un bersaglio immunologico come C9orf72 consente di cominciare a immaginare un futuro in cui le terapie possano essere più personalizzate, non solo sulla base del profilo genetico, ma anche su quello immunologico. Sarà importante nei prossimi anni seguire con attenzione l’evoluzione di questa linea di ricerca, per valutarne l’impatto clinico e le ricadute terapeutiche.








