manifesto per i familiari caregiver

Verso il riconoscimento culturale, sociale, giuridico del caregiver

 
L’assistenza alle persone non autosufficienti di tutte le età è un ruolo che investe un numero sempre più alto di persone. È un compito difficile sul piano umano, complesso sul piano organizzativo, che richiede competenza, “forza” fisica e psicologica, disponibilità di tempo, spesso anche disponibilità economiche. Oggi più che mai, il contesto familiare è il luogo privilegiato della cura. Valorizzare e supportare concretamente il ruolo dei suoi membri nell’assistenza è lo scopo di questo MANIFESTO.
Il caregiving è essenziale per il mantenimento della persona non autosufficiente, spesso affetta da polipatologia, nel proprio domicilio; a buon diritto partecipa al “sistema dei servizi” con la caratterizzazione che gli è propria, di servizio informale. È essenziale anche per un’altra ragione, che fonda la nostra idea di società e di contratto sociale: il prendersi cura, in special modo del più debole, sostanzia il legame fra le generazioni sia nella direzione del far crescere sia in quella dell’accompagnare nella malattia e nella perdita della vita.

Il caregiving è gravoso
e si assiste ad una progressiva difficoltà nell’espletamento delle sue funzioni perché è aumentato il numero e la gravità clinico -assistenziale delle persone bisognose di cura e perché è cambiata la struttura della famiglia – da una pluralità di attori dell’assistenza alla sostanziale solitudine della diade curante-curato.
Il caregiver ha un grande carico sul piano psicologico, in cui i vissuti più frequenti, ingravescenti con il protrarsi dell’assistenza nel tempo, sono la solitudine, l’incertezza sul futuro, le conseguenze emotive del contatto costante con una sofferenza prolungata e spesso molto grave.
La conferma dell’importanza del ruolo svolto dalle famiglie, in particolare da madri, mogli e figlie, arriva dal 46° Rapporto del Censis del 2012, sulla situazione sociale del Paese. Sono le donne che circa nel 70% dei casi si occupano della cura e assistenza, spostamenti casa – ospedale, visite. Sempre il Censis rileva che i familiari che assistono accusano nel 29% dei casi stati d’ansia, tristezza, disturbi del sonno. Lo studio di Elizabeth Blackburn, premio Nobel per la Medicina nel 2009, ha dimostrato che i caregivers sottoposti allo stress di curare familiari gravi hanno un’aspettativa di vita ridotta dai 9 ai 17 anni.
Più recentemente il sistema di caregiving ha subito anche le conseguenze della riduzione -avvenuta in molti settori – dei servizi pubblici di supporto, come conseguenza delle restrizioni economiche, sebbene in alcune aree del paese i caregiver fronteggino scenari di cronica scarsità dei servizi formali ed è altrettanto avvenga su tutto il territorio per alcune tipologie di servizi, ad esempio quelli di sollievo.
Il caregiving richiede molte abilità, nel dare assistenza, nell’organizzarla, nel sostenere la persona malata, nel prestare le cure anche con aspetti tecnici rilevanti, nel dialogare con i servizi formali, nel conciliare i tempi di vita con quelli di assistenza. Il caregiver è costretto ad apprendere costantemente cose nuove e a fare esperienze nuove, anche di sé e delle proprie capacità. Ha bisogno di informazioni e di aiuto, di confronto e di dialogo, per contenere gli effetti disorientanti della malattia e per non spezzare il filo di senso che lo motiva e lo sostiene nell’assistenza.
Il caregiving richiede risorse, personali, ambientali, economiche. La sua caratteristica intrinseca di flessibilità e adattabilità è cruciale anche con scarse risorse, soprattutto ambientali ed economiche, talvolta con rischi gravi sia per il beneficiario che per il caregiver. Quando le risorse sono troppo esigue, anche quelle personali, è necessario poter sostituire, anche temporaneamente il caregiver. L’assenza di risorse sufficienti mette a rischio tutti coloro che sono coinvolti perché acuisce la povertà, induce la disperazione, provoca la rottura dell’equilibrio che regge l’assistenza. Si assiste anche a ripercussioni che sono state sottovalutate e che solo adesso cominciano ad essere studiate. L’8% delle persone che assistono un malato riscontrano una diminuzione delreddito, soprattutto per coloro che svolgono un lavoro autonomo; addirittura il 5,5% perde il posto di lavoro, mentre il 2% richiede il pensionamento.

Sulla base di queste considerazioni i promotori del presente Manifesto

INTENDONO PROMUOVERE

  • il riconoscimento sul piano culturale e sociale del caregiving, per raggiungere un’omogeneità di valutazione di questa funzione umana e assistenziale a livello nazionale. Si deve riconoscere il ruolo centrale della famiglia e, di conseguenza, modulare e articolare le rispostedel servizio pubblico a sostegno di tale ruolonon come una concessione, ma come un aspetto strategico per lo sviluppo civile e delle stesse persone fragili;
  • il riconoscimento nelle politiche nazionali e locali alla famiglia come componente del sistema dei servizi nel contesto dei progetti di intervento a favore delle singole persone venga riconosciuto, nell’ambito del budget di cura, anche economicamente, il ruolo del famigliare caregiver;
  • la definizione dei compiti e doveri dei caregiver, partendo da un progetto di cura condiviso, per le persone non autosufficienti di ogni età, sia che vivano a casa loro oppure in strutture di ricovero o in ospedali;
  • la definizione dei diritti del caregiver fra i quali ci paiono irrinunciabili:

– il diritto di scelta nell’assumere il ruolo e nel mantenerlo

– il diritto a risposte integrate da parte dei servizi che prevedano risposte articolate e flessibili capaci di sostenere il ruolo del familiare caregiver anche attraverso la previsione di ricoveri temporanei e/o di sollievo;

– il diritto all’informazione e formazione;

– il diritto ad un riconoscimento giuridico che permetta di conciliare i tempi di lavoro e di assistenza e che consenta benefici e facilitazioni sul piano assicurativo e pensionistico;

– il diritto ad essere riconosciuto come soggetto attivo nella cura del familiare nell’interlocuzione con i servizi e quindi co-attore del piano assistenziale individualizzato;

  • la formulazione di proposte per il miglioramento dei servizi di supporto al paziente non autosufficiente che tengano conto delle indicazioni e dei bisogni del caregiver.

PROPONGONO

Alle organizzazioni di utenti, di familiari e dei professionisti della salute, agli attori intermedi pubblici e privati e, soprattutto, ai vari livelli della politica e delle amministrazioni pubbliche

DI SOTTOSCRIVERE IL MANIFESTO E DI DEFINIRE I PROPRI IMPEGNI PER L’APPLICAZIONE.

Milano, 8 Novembre 2013
ACP – Associazione culturale pediatri (Sez. Lombardia)
ASL Bergamo
ASL Brescia
AIPO – Ass. Italiana Pneumologi Ospedalieri (Sez. Lombardia)
ANMDO – Ass.Naz Medici Direzioni Ospedalieri (Sez. Lombardia)
AO Desenzano del Garda
AO San Carlo
AMD – Associazione Medici Diabetologi
CIAF – Centro Italiano per l’Assistenza in Famiglia  -Edoardo
Scarcella-Onlus
Fatebenefratelli Prov. Lombardo-Veneta Ord. Osp S. Giovanni di Dio
Associazione Nati per Vivere Onlus
AISLA – Ass. Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica  Onlus
PAT – Pio Albergo Trivulzio
A.I.M.F.T. – Ass. Italiana Malattia Frontotemporale Onlus
Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus
Fondazione Poliambulanza Istituto Ospedaliero
Fondazione Salvatore Maugeri IRCCSù
GRG – Gruppo di Ricerca Geriatrica
IPASVI Collegio BS
SIGG – Società It. di Geriatria e Gerontologia (Sez. Lombardia)
SIMG – Società Italiana di Medicina generale (Sez. Lombardia)
SiMPeF – Sindacato Medici Pediatri di Famiglia
SIN – Società Italiana di Nefrologia (Sez. Lombardia)
SItI – Società It. Igiene, Med.Prev. e San. Pubb. (Sez. Lombardia)
ACLI provinciali di Brescia
AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla Onlus
Fondazione di Partecipazione Stefylandia Onlus Salò BS
UILDM – Unione Italiana Lotta Distrofia Muscolare sezione
Beppe Frau Brescia

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